martedì 4 ottobre 2016

Erbazzocalzonadas [con valori nutrizionali!]


“Una mattina mi son svegliata,
o fame, ciao! fame, ciao! fame, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliata
con la voglia di erbazzon


O Parmigiano, dove sei,
o fame, ciao! fame, ciao! fame, ciao, ciao, ciao!
O Parmigiano, dove sei,
ché mi sento di morir."


E insomma è iniziata così, con una Buccetta che si sveglia vogliosissima di erbazzone, e dopo una concitata battaglia col frigo si arrende all’evidenza: ero convinta di si, convintissima, c’avrei gggiurato, c’avrei scommesso la collezione ciddì, ma in realtà no, il Parmigiano non l’avevo comprato.
Superato il momento di lutto, per quell’erbazzone così a lungo desiderato (un’intera mattinata a pensarci, a immaginarlo, a pregustarlo schioccando la lingua… sei ore lunghe un’eternità) e mai nato, si mette in moto il cricetino: ormai la ricetta tradizionale è andata a farsi friggere, quindi, bellissimi, ultimi fagiolini dell’anno che ve ne state in frigo, è il vostro momento;
A sto punto tanto vale fare delle monoporzioni, così da rimpinguare il freezer e godersi il senso di intima sicurezza che solo scorte alimentari sufficienti per settimane di isolamento dal mondo possono dare;
Il calzone è la monoporzione più semplice, certo. Ma la panadas ha la chiusura così bellina….
Ecco, questa è la storia di questi erbazzocalzonadas.
Buonissimi.
So che sembra un po’ la storia della volpe e l’uva, ma devo dire che hanno anche sedato il mio attacco di erbazzonite acuta.


Per quattro:
Per la sfoglia:
125g farina 0
125g farina integrale
½ cucchiaio di strutto
Un pizzico di sale

Per il ripieno:
1 cipolla piccola
1 cucchiaio d’olio
50g pancetta affumicata tesa (facoltativo. Ma ormai che ho messo lo strutto…)
800 g bietina
500g fagiolini
1 cucchiaino di sale

Preparare la sfoglia: mescolare le due farine con il sale e fare la fontana. Mettere al centro lo strutto e acqua tiepida, gradualmente, impastando prima con una forchetta e poi con le mani, per almeno una decina di minuti, fino a ottenere un impasto morbido ed elastico, ma non appiccicoso. Formare un panetto, avvolgerlo con della pellicola e lasciar riposare.

Il ripieno: scaldare l’olio in una pentola ampia e aggiungere la pancetta tagliata a cubetti piccoli piccoli piiiiiiccoli e la cipolla tritata fine, far stufare per 10’, a fuoco basso e pentola coperta.
Lavare e mondare le bietine, tagliarle a pezzi e aggiungerle alla cipolla. Salare leggermente, mescolare e rimettere il coperchio. Cuocere per una ventina di minuti, col coperchio, a fuoco basso, aggiungendo un goccino d’acqua all’occorrenza,  finchè le verdure saranno morbide (oltre chè notevolmente ridotte di volume).
Lavare i fagiolini, spuntarli e lessarli in acqua leggermente salata per 10’ o finché morbidi. Scolarli e lasciar raffreddare.
Passare al mixer sia i fagiolini che le biete, mescolare il tutto e regolare di sale: habemus ripieno!

Dividere l’impasto per la sfoglia in quattro parti e stendere ognuna in un disco sottile, di circa 30cm di diametro. Dividere il ripieno tra i quattro dischi, distribuendolo su metà cerchio, inumidire i bordi, piegare a mezzaluna e sigillare gli erbacalzonadas pizzicando la pasta. Bucherellare la superficie qua e là.
Cuocere in forno caldo a 200°C fino a doratura. Buoni caldi, buonissimi tiepidi.
Una volta freddi possono essere congelati.


Note:
  • Molto più lunghi da raccontare che da fare: volendo si possono fare anche solo di bietine, io non ho saputo resistere agli ultimi fagiolini (e poi, mi duole ammetterlo, ma traggo un piacere perverso dallo sporcare il maggior numero di vettovaglie per ricetta.)
  • Diventano facilmente vegetariani, e in altre circostanze l’avrei fatto senz’altro, ma io se si parla di panadas, o anche solo di –nadas, non riesco a non mettere lo strutto, ci provo eh, ma non riesco. My bad. 
Valori nutrizionali per porzione:

martedì 13 settembre 2016

Tortini ciccia-free banana e cioccolato [con valori nutrizionali!]


Quella dei dolci nutrizionalmente accettabili, sensi-di-colpa-free, che sono una coccola che ci si può concedere senza troppe paranoie è una sfida che ciclicamente affronto, vuoi perché “eggrazie che un quattro-quarti è buono, vediamo di sforzarci un po’ di più, signorinella” , vuoi perché ciclicamente i jeans preferiti perché belli e comodi diventano belli ma un po’ strettini.
C’è stato il periodo dei tortini alla ricotta, la scoperta della cioccopere vegana di Marco Bianchi (sorprendente) eppoi la folgorazione: le banane!
Le banane che con la loro intrinseca dolcezza e quella consistenza così molliccia e setosa funzionano benissimo come fake-burro. Come posso averle trascurate, proprio io?!
Ho subito tentato un primo esperimento: le potenzialità c’erano tutte, ma qualcosa non andava, li ho cotti un filo troppo, ma forse, a parte aggiustare i tempi di cottura si poteva fare dell’altro. 
E infatti, una saggia amica, che per motivi di privacy chiameremo Miss Giraffa Ninina, mi dà subito due dritte: cioccolato a pezzettoni più grandi e yogurt nell’impasto per migliorare la consistenza. Detto fatto, e son perfetti. A maggior ragione se buttate un occhio alla tabella nutrizionale e la confrontate con quella dei classici muffins al cioccolato.
E quanto sono fotogenici? I meriti non sono certo miei, ma in ordine rigorosamente sparso:
  • di miss Giraffa Ninina e del suo ragazzo, che per motivi di copiright delle foto chiameremo Mr Marco Cargnelutti Il Liutaio, che hanno portato attrezzatura fantascientifica, nininaggine e competenze da fotografi (io in questo campo mi son distinta con un “ah ma quindi Tv non sta per televisione? ah, priorità di tempo….ma pensa!)
  • del Mio Amato, che mette a disposizione le sue tele da disegno per lo sfondo e il suo buon gusto da artista;
  • della mia amica nonché ex coinquilina, la Dolce JuJu, che mi ha cucito un fantatrilione di cerchietti per vestire i barattolini di marmellata, all’occorrenza utilizzabili come sotto-tortino;
  • di GNEB il gatto, che è stato buono e non si è mangiato i tortini prima che venissero immortalati.


Per 12 tortini (o un unico tortettone da stampo per plumcake):
2 banane ben mature
2 uova
125g yogurt bianco
200g farina integrale
60g zucchero di canna muscovado
½ bustina di lievito
150g cioccolato fondente
una manciata di mandorle



Tagliare le banane a fette, metterle nella ciotola del mixer insieme alle uova e allo yogurt e frullare tutto per bene. In una ciotola mescolare insieme la farina, lo zucchero e il lievito setacciato, versare dunque i liquidi e mescolare con una frusta. Aggiungere il cioccolato a pezzettoni (rende molto più che non in scaglie!) e mescolare. Foderare uno stampo da muffin con dei pirottini di carta e riempirli di impasto fino a ¾ , cospargerli con le mandorle grossolanamente tritate e cuocere in forno caldo a 180°C per 15-20’, o finchè sono dorati in superficie e, infilzando uno stecchino in mezzo, ne esce asciutto. Lasciar raffreddare. Scartarne uno, inzupparlo nel latte e prepararsi a un sonoro “macccome è possibile che sia così buono e così sano?!?!”

Valori nutrizionali per tortino:

martedì 30 agosto 2016

Una nuova, potentissima fissa: i waffle [con valori nutrizionali!]


Buccia e la passione per le caccavelle – capitolo 25448
C’è stata la bramosia per lo stendino per pasta fresca (design retrò o design moderno? SEMBRA una decisione da niente), il craving per il rigalimoni di qualche anno fa, l’ossessione perenne per gli stampini per i biscotti (questa è una di quelle brutte, cronica con frequenti riacutizzazioni, come quella volta che dopo aver perlustrato tutti i negozi udinesi sono andata fino a Trieste a caccia di stampi-timbri. Tempi difficili per il mio equilibrio psichico quelli).
Questa è stata la volta della piastra per i waffle. Mille modelli a confronto su amazon: modello rotante vs modello fisso, piastre a cuoricino vs piastre quadrate, “sembra solido ma guarda che brutto” vs “macheccarino questo qui, anche se pare fatto di cartone!”.
Poi un giorno vado alla LIDL per la consueta scorta di yogurt e feta (che oh, son troppo più buoni oltre che più economici) e me la trovo lì, la piastra perfetta. 15€ per 1000w di potenza sforna bontà. Carina e al contempo così cruccamente solida e rassicurante.
Peccato fosse una tipica giornata da fine del mese, quelle degli spiccioli contati per le cose FON-DA-MEN-TA-LI (chè non mi direte che è possibile sopravvivere in estate senza yogurt e feta?) e per il resto je diamo di svuotamento dispensa.
Torno a casa affranta.  Tutta un sigh sob e “figurati se tra una settimana la trovo!
E invece, una settimana dopo eccola lì, ancora più perfetta tra le mie braccia che sullo scaffale, e me ne torno a casa vittoriosa, saltellante, tutto un yuppi ye e “alla facciaccia vostra” .
Si parte subito con un β test, che infatti è pieno di bug, tipo che son troppo mollicci e dio bò ma perché si sente così tanto l’uovo?
Ma la buccia che possiede la piastra è una buccia nuova, non è più la buccia affranta, non è la buccia del sigh sob, è una buccia nuova, determinata, una buccia del “nothing is impossible”, del “just do it”, ma soprattutto una buccia del “make breakfast yummy again”. E la nuova buccia ti rivolta la ricetta come un calzino, scova gli errori (tipo le uova “speciali per pasta” che sanno di uovo2 ), colma i margini di miglioramento (tipo lo zucchero di canna integrale che c’ha un kick che lo zucchero bianco je spiccia casa), perfeziona il procedimento, adatta le dosi ed ecco che avviene la magia: dei waffle profumatissimi, croccantini fuori e morbidi dentro. Aggiungete della frutta fresca, un filo di miele e un po' di yogurt greco e otterrete la definizione di Nirvana secondo il Bucciarelli. 
Tutta questa meraviglia in meno di 10’ del preziosissimo tempo mattutino. 
Esatto signore e signori, solo 7’! Giusto il tempo di cuocerli mentre preparate il caffè tra uno sbadiglio e un grattachiappa mattutino: infatti la ficata magna è proprio questa: l’impasto può essere preparato la sera prima e cotto al mattino (e anche nei 2-3 giorni seguenti). E vi dirò, secondo me col riposino oltre che in praticità guadagna pure in bontà, che la farina si gonfia, il tutto si addensa e i waffle si formano e soprattutto si cuociono meglio.
Buone colazioni :) 


Per 8-10 waffle:
150g farina integrale
25g zucchero muscovado
1 uovo medio
250ml latte fresco intero
25g burro
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di estratto di vaniglia


In una ciotola mescolare con una frusta la farina, lo zucchero, il sale e il lievito. In un'altra ciotola sbattere l’uovo, quindi aggiungere il latte, il burro fuso tiepido e l’estratto di vaniglia. Unire i due composti e mescolare con la frusta. Lasciar riposare mezz’oretta (o meglio ancora tutta la notte in frigo). Scaldare la piastra per i waffle secondo le istruzioni (il mio personale aggeggio ha una spia rossa mentre è acceso, e quando è a temperatura anche una spia verde), versare l’impasto sulla piastra ben calda, fino a colmare tutti gli spazi tra i quadratini: io mi trovo molto bene versando l’impasto pian piano da una brocca (mo non fatevi strane idee: quella di plastica graduata dell’ikea. L’euro meglio speso EVER) e spalmandolo ulteriormente col dorso di un cucchiaio. Quindi chiudete la piastra e cuocete per 5-7’ a seconda di quanto vi piacciono croccantini (e a seconda della potenza del vostro personale aggeggio, chiaro). Togliete i waffle dalla piastra con una pinza di gomma o comunque senza graffiare la piastra, e servirli con frutta fresca, miele o sciroppi vari e yogurt greco.  È difficile tornare indietro, sappiatelo.

Valori nutrizionali per una porzione (2 waffle): (notare l'equilibrio quasi perfetto)

Note:
  • se ci fate caso, l'impasto è praticamente lo stesso dei pancake, ma sono più buoni, e non credo sia solo effetto placebo da caccavella nuova, ma vengono più crunchy fuori e tenerini dentro 

giovedì 31 marzo 2016

Polpette speziate di lenticchie rosse


Io mi impegno con tutta me stessa, ma poco da fare, ciclicamente, inevitabilmente mi ritrovo nella stessa situazione, con 5 euro per le emergenze (?) nel portafogli e poco altro. Di solito succede così:
momento 0: conto in banca magicamente resuscitato;
settimana 1: spese strettamente utili e necessarie, con grande attenzione al risparmio, onde evitare di ritrovarmi a fine mese a ripassare la danza della ricchezza, balletto molto complesso che dovrebbe allietare varie divinità che ricambierebbero il favore con la moltiplicazione infinita dei 5€ di cui sopra.
settimana 2: sono stata cosi brava la scorsa settimana, che posso concedermi qualche sfizietto, ma con moderazione, una birra con un’amica, un qualche attrezzo bislacco da cucina che mi manca. Niente di eccessivo.
Settimana 3: maccome? Ma siamo al 20? Cioè il mese è finito e io ho tutti questi soldi? WOO-OOO! Volteggio per librerie, negozi di cd e dvd, spacci di gonnelle a ruota, botteghe gastropussy, stropicciando banconote come Moreno in Grande Grosso e Verdone, strisciando bancomat come se non avessi davanti 10-15gg davanti prima del prossimo miracolo bancario.
Settimana 4: allora, com’era la danza della ricchezza? 
...Appurato che anche questa NON è la volta buona in cui riesco a ingraziarmi la Dea Carta Moneta, non mi resta che sgarfare nella dispensa e far correre il cricetino nel mio cranio. Ed  ecco che le lenticchie rosse che “diobò buona, ma la zuppa di lenticchie mi sta uscendo dalle orecchie” e i rimasugli di corn flakes “che bleah la farinetta nel latte no!” trovano la loro utilità J
                                                                                 

Per circa 25 polpette:
200g lenticchie rosse decorticate
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di prezzemolo fresco tritato
2 cucchiaini di paprika affumicata (o paprika dolce)
1 ½ cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaino di coriandolo macinato
1 albume

Per impanare (dosi un po’ circa meno quasi, lo confesso):
2 cucchiai di farina 00
1 uovo sbattuto
2 cucchiai di pangrattato
2 cucchiai di corn flakes tritati finemente
2 cucchiai di corn flakes tritati grossolanamente
1 cucchaio di semi di sesamo (nero per l’effetto extrafashion ;) )
+
Olio per friggere

Mettere le lenticchie in una pentola, aggiungere acqua qb per coprire le lenticchie di circa 1cm. Coprire e portare a bollore, abbassare il fuoco e far cuocere per circa 10-15’, finchè l’acqua non sarà completamente assorbita. Le lenticchie dovrebbero essere cotte ma non sfatte e praticamente asciutte. Lasciar intiepidire.
Mettere circa 2/3 delle lenticchie insieme alle spezie, aglio e prezzemolo nel mixer e frullare bene il tutto. Riunire le lenticchie non frullate e quelle frullate in una ciotola e regolare di sale (io faccio così perché mi piace il fondo liscio con qua e là qualche pezzetto, ma fate vobis: tutto frullato, tutto non frullato, metà e metà…).
Sbattere un albume in una ciotolina e aggiungerlo pian piano all’impasto, fermandosi quando è sufficientemente legato ma non troppo bagnato/attaccaticcio. Formare le polpette, disporle in un piatto e far riposare in freezer per una mezzoretta (non è fondamentale, ma raffreddandosi le polpette si rassodano ed è più semplice impanarle). Passare le polpette prima nella farina, poi nell’uovo e nel miscuglio pangrattato/cornflakes/semi di sesamo, di nuovo uovo e miscuglio pangrattato/cornflakes/semi di sesamo (è un mega sbatti impanare, ma quelle rare volte che lo faccio preferisco farlo bene, e non c’è paragone tra la panatura doppia e la singola. Sad but true.) 
Scaldare abbondante olio in una padella, controllare la temperatura con un termometro se siete fichi (tra i 170 e i 180°C) o con uno stecchino se siete basic level: quando, se immerso, compaiono piccole bollicine intorno ci siamo: friggere poche polpette per volta, girandole spesso, finché saranno dorate, scolarle con un ragno su un piatto con della carta assorbente. E niente, gnammy :) 

mercoledì 3 febbraio 2016

La Fainé, classica e ai carciofi


La fainè. Una delizia sassarese che ho scoperto qualche estate fa, quando con la little sistah siamo andate a trovare il big bro a Sassari appunto.
Eravamo giovani, ingenue e piene, troppo piene di aspettative.
Mentre percorrevamo la route 129, coi capelli pettinati dal vento della Barbagia (e di quando in quando dai rutti del suddetto big bro) e gli occhi riempiti dal mutare del paesaggio, entrambe nei nostri teneri cuoricini di pulzelle, facevamo progetti per questi due giorni tutti insieme.

La versione di Buccia: prima di tutto scovare il mercato della città, coglierne le tipicità, mercanteggiare come se non ci fosse un domani, (autoconvincersi di) fare affari d’oro e cucinare un bel pranzetto sfruttando l’aiuto dei consanguinei, come se fossi Gordon Ramsay e loro gli ultimi arrivati. Giro per la città, dove il bro ci mostrerà i punti salienti. Cena in qualche posto carino che offra cucina del luogo, a spese del bro chiaramente. Il giorno successivo gita a Porto Torres, o magari Castelsardo. O Alghero! O Stintino! Ohhhh, sarà bellissimo!

La versione della little sistah: prima di tutto ricordiamoci che a Sassari ci sono gli unici punti vendita Lush e Dechatlon in Sardegna, tanto per dire. Giro per la città, dove il bro ci mostrerà i punti salienti. Cena in qualche posto carino che offra cucina del luogo rigorosamente vegetariana, a spese del bro chiaramente. Ohhhh, sarà bellissimo!

La versione del big Bro, ovvero la triste realtà: per pranzo mangiamo il buonissimo arrosto cucinato dalla nonna, ma freddo di frigo e “ma davvero volete i piatti? Dai, zero cazzi di lavare padella e stoviglie”. Alla richiesta corale del giro per la città ci guarda strabiliato: “ma state scherzando? è l’ora della pennica”. Cena nel ristorante del centro commerciale dietro casa, che “oh, con 10€ mangi e fanno delle bisteccone enormi”. Il giorno dopo, solita richiesta del giro per la città, che la gita ce l’eravamo già messa via, stesso sguardo strabiliato e, mentre inforca cuffie da gaming e si siede sulla sedia rotante, detta anche il trono: “ma state scherzando? è l’ora di Wolrd of Warcraft  DotA!”.
Dopo quest’urto violento con la realtà, io e little sistah ce ne andiamo a spasso da sole (“e prendetevi le chiavi, che non apro mai la porta nel mezzo di una partita”) e, in un piccolo forno abbiamo scoperto le meraviglie della fainè. Così buona, croccantina e morbida allo stesso tempo, calda e rassicurante in questo crudele, realistico mondo.

La fainé originale è condita solo con una macinata di pepe, ma tra le versioni moderne è d’obbligo citare quella con l’antunna, ovvero i funghi pleurotus, e quella con cipolla e salsiccione, ovvero salsiccia fresca (ma una volta che hai scoperto il termine “salsiccione”, quando mai la chiamerai più salsiccia?). Ma vista la stagione e vista la mia smodata passione per i carciofi, non potevo non provarci (con ottimi risultati, modestia a parte).


Per due teglie di 32cm di diametro:
300g farina di ceci
750ml acqua
½ cucchiaino di sale
6 cucchiai d’olio

Pepe nero
1 carciofo

Versare la farina e il sale in una ciotola. Aggiungere l’acqua a filo, mescolando bene con una frusta per evitare che si formino/eliminare i grumi. Coprire e lasciar riposare per almeno 2h.
Versare 3 cucchiai d’olio in una teglia antiaderente[1], coprire uniformemente il fondo aiutandosi con una spatola in silicone.
Eliminare la schiumetta dalla superficie della pastella e dare una rapida mescolata. Versare quindi metà del composto nella teglia e mescolare un po’ con la spatola di silicone, in modo da portare parte dell’ olio in superficie. 
Per la versione basic: macinare un po’ di pepe sulla superficie

Per la versione ai carciofi: mondare un carciofo, eliminando le foglie esterne più dure e pelando il fondo, tagliarlo a meta, eliminare le barbine interne e tuffare le due metà in acqua e limone. Scolare e affettare finemenete il carciofo. Distribuire le fettine sulla fainé affondandole delicatamente con le dita, in modo che siano velate di pastella.
Cuocere in forno preriscaldato a 250°C per 20’ circa, finche la fainé sarà dorata.







[1] Il top del sogno sarebbe una teglia in ferro usata solo per questo scopo e mai lavata, ma oh, ognuno ha i suoi difetti (e soprattutto una dispensa sempre troppo piccola)